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A Vilanza

A Vilanza

TEATRO AMATORIALE REDICUORE – AUGUSTA (SR) TITOLO OPERA: ‘A VILANZA di L. PIRANDELLO e N. MARTOGLIO

REGIA: Patrizia Gula – 2314846
PERSONAGGI ED INTERPRETI: Mimì/Ninfa: Titti Puzzo – 2314841
Marta/Anna: Stefania Arena – 2314848
Silvia/ Rachela: Marilena Russo – 2314844
Mattia/Saro: Gaetano Russo – 2301792
Angelo/Orazio: Salvatore Randazzo – 2314838
Luigi: Andrea Tringali – 2319299
Regista: Santi Castrovinci – 2319296
Cantanti/Direzione di scena: Cinzia Scaduto – 2314837
Piera Di Benedetto – 2314839
Kate Battaglia – 2314843
Comparse: Andrea Matarazzo – 2319298
Marco Patti – 2319297
Tecnici audio/luci: Saverio De Luca – 2314836
Antonio De Riggi – 2314835

Note di Regia

A Vilanza, capolavoro scritto a 4 mani da Pirandello e Martoglio racconta l’epoca in cui in Sicilia la vita di ognuno era limitata dal giudizio costante della gente i cui occhi e orecchie erano ovunque, pronti a determinare e condannare le scelte stesse dei protagonisti della storia. Un uomo e una donna sono amanti e i rispettivi marito e moglie si trovano a gestire il tradimento in maniera diversa così come era tipico dell’epoca. La moglie tradita sopporta l’adulterio mentre il marito tradito si avvale del delitto d’onore. Ma in questo caso gli autori mettono in scena un vero e proprio regolamento di conti, un farsi giustizia da soli per riequilibrare, come i piatti di una bilancia, lo status sociale. Un pezzo di storia della nostra terra che merita di essere conservato e conosciuto. Così come il canto di Rosa Balistreri: Cu ti lu dissi, Mi voto e mi rivotu, A tirannia, che ho utilizzato per consolidare la forza e l’autenticità delle azioni passionali e violente espresse nella storia anche attraverso una lingua che nasce dalla fusione dei due dialetti degli autori.
Pirandello agrigentino e Martoglio di Belpasso oltre 100 anni fa scrivono questo dramma generando una lingua unica, inquietante, disperata, un siciliano arcaico, misterioso, strano, incomprensibile e allo stesso tempo musicale che a mio modesto parere non poteva essere in alcun modo modificato a favore degli attori per una più facile rappresentazione. “Pirandello non si tocca, non si può cambiare!” Nella scenografia, volutamente scarna, sono stati inseriti pochi oggetti e simboli che identificano il contesto: le mura delle due case non sono di mattoni solidi e compatti, non proteggono il nucleo familiare, ma composte da innumerevoli finestre tutte diverse fra loro, ma soprattutto aperte, dalle quali ognuno può osservare, commentare, giudicare ciò che avviene all’interno. Quelle finestre esprimono gli sguardi che assediano i personaggi come avvoltoi in costante attesa degli eventi. Questo spettacolo è frutto di un appassionato lavoro che ha avuto come priorità il rispetto alla magnificenza del testo e la deferenza alla storicità, lo studio appassionato con gli attori per una corretta scenografia della parola ed infine la necessità di far veicolare un messaggio, per il quale la regia escogita un prologo: A vilanza un’ora prima. Omaggiando Pirandello e partendo dal punto di vista del suo capolavoro “Sei personaggi in cerca di autore” sul palco, nel primo atto, entrano in scena macchinisti, direttore e assistenti di scena, tecnici audio luci e gli stessi attori che interpretano i personaggi de A Vilanza che tutti insieme “Un’ora prima” diventano ancora altri, diversi e opposti protagonisti al dramma per espletare ciò che la regia vuol mettere in luce: la dignità di attori e personaggi che rilegati in storie d’altri tempi subiscono ancora la condanna a vivere con il costante giudizio degli altri. Una delle attrici “Ninfa” il cui personaggio è scomodo perché tra le due donne dell’epoca “o sante o puttane” le è spettato quello più soggetto al brutale giudizio, si pone nel dubbio di doverlo esprimere nella sua interezza e chiede alla regista dei cambiamenti, dei filtri, delle strategie registiche per non mostrare la passione e alleggerire il cliché. Dall’incontro tra regista e attori nel prologo, “Un’ora prima” ne scaturisce che il pubblico ha diritto a non immaginare nulla, ma ad assistere in maniera concreta ai fatti, alle azioni perché l’amore, che attinge dalla “follia” di ognuno di noi, (ndr cit. Freud) non può e non deve essere giudicato, ma vissuto e accettato con dignità. Ma finché il giudizio, così come in quella epoca, sarà sempre pregnante, l’uomo non sarà mai libero.

Patrizia Gula

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